giovedì, gennaio 31, 2008

safe in my own skin

O Rose, thou art sick!
The invisible worm,
That flies in the night,
In the howling storm,
Has found out thy bed
Of crimson joy;
And his dark secret love
Does thy life destroy.

Rosa, tu sei malata,
quell'insetto invisibile
che la notte vola
nell'urlo della tempesta
ha scoperto il tuo letto
di gioia color porpora,
e il suo amore oscuro e segreto
la tua vita consuma e distrugge.

(William Blake, La rosa malata)

venerdì, gennaio 25, 2008

Il mio mondo ideal

sai nel mio mondo
le bestiole anche lor vivrebbero in casette
ben vestite, in guanti e con scarpette
nel mio mondo ideal,
ogni fiore se io fossi un po' di malumore
per distrarmi passerebbe l'ore
chiacchierando nel mio mondo ideal.
Gli uccellini sempre allegri, affabili e carini
canterebber l'arie di Puccini,
in quel mio mondo ideal
Se un ruscello odi mormorar
potrai capir di cosa vuol parlar.
Che bellezza se sapessi che
quel mondo delle meraviglie c'è...
...
Ma le margherite per amor si lasciano Sfoglia-a-ar
Imparar puoi tante cose dai fiori
Che di grazia sempre ricchi son !

martedì, gennaio 15, 2008

apollo, dafne, il battito del cuore, la metamorfosi

«lo sono Apollo.....» Dafne si ritrasse. Alzò un braccio a coprirsi gli occhi e Apollo ne approfittò per cingerla alla vita e trascinarla nel bosco. La ninfa si liberò e si mise a correre. Mentre scappava invocò sua madre. Gea la Madre Terra intervenne. Man mano che la corsa della ninfa si rallentava, il suo corpo mutava: i suoi capelli divennero fronde leggere, le sue braccia si levarono alte verso il cielo diventando flessibili rami; il suo corpo aggraziato si ricoprì di corteccia; i suoi delicati piedi si tramutarono in robuste radici ed il suo volto, rigato di lacrime, svaniva nella cima dell’albero. Dafne si era trasformata in un leggiadro e forte albero che prese il nome di Lauro (dal greco dafne = lauro).

la mano di Apollo, secondo i versi di Ovidio, sotto il legno sente ancora il battito del cuore. Quindi la scena si chiude, Dafne si è trasformata in alloro per sfuggire al divino aggressore, che da quel giorno, per non dimenticarla mai, portò sempre una corona d'alloro...
“… i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; il piede, poco prima così veloce, resta inchiodato da pigre radici, il volto svanisce in una cima. Conserva solo la lucentezza.” (Ovidio, Libro I, vv. 550-552).

sabato, gennaio 05, 2008

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..… Se volete, sarò rabbioso a furia di carne, e, come il cielo mutando i toni, se volete, sarò tenero in modo inappuntabile, non uomo, ma nuvolain calzoni.....

… Volete stuzzicarmi? Ricordate! Perì Pompei Quando esasperarono il Vesuvio. Ehi! Signori! Dilettanti di sacrilegi, di delitti, di massacri, avete visto mai ciò che è più terribile: il viso mio quando io sono assolutamente tranquillo? E sento che l’io Per me è poco: qualcuno da me si sprigiona ostinato. Allò! Chi parla? Ed io sono sempre là dove si soffre: su ogni goccia di liquido lacrimale ho posto in croce me stesso. … Maria, più vicino! Con denudata impudenza O con pavido tremore Concedimi la florida vaghezza delle tue labbra: io e il mio cuore non siamo vissuti neppure una volta sino a maggio, e nella mia vita passata c’è solo il centesimo aprile. Maria! Il poeta canta sonetti mentre io, tutto di carne, uomo tutto, chiedo semplicemente il tuo corpo, come i cristiani chiedono “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” Maria, concediti! Maria! Maria, non vuoi? Non vuoi? Ah! E allora di nuovo, io prenderò il mio cuore lo porterò come un cane porta nella sua cuccia la zampa stritolata dal treno. … Mi chinerò Per dirgli in un orecchio: Ascoltate, signor Dio! Onnipossente che hai inventato un paio di braccia E hai fatto sì che ciascuno Avesse una sua testa, perché non hai inventato una maniera di baciare, baciare e ribaciare senza tormenti? Pensavo che tu fossi un grande Dio onnipotente, e invece sei solo un povero deuccio. … Alati furfanti! Rannicchiatevi in paradiso! Te, impregnato d’incenso, io squarcerò di qui sino all’Alaska! Lasciatemi! Non mi fermerete. … Guardate: hanno di nuovo decapitato le stelle. Ehi, voi! Cielo! Toglietevi il cappello! Me ne vado! Sordo. L’universo dorme, poggiando sulla zampa l’enorme orecchio con zecche di stelle.
da La nuvola in calzoni, di Vladimir Majakovskij (1914)


In quest'istante rapido, in quest'immensa stasi, i calzoni di velluto senza nuvola rivivono tutta la loro vita, come l'impiccato allo stringere del cappio o il ghigliottinato al precipitare della lama, vive la scaturigine, il percorso, la sua morte, vive il tempo suo e il tempo d'ogni altro, che a lui è legato per la comune sorte, con lui si spande, scorre, sfocia, finisce nell'immobile.